Mi capita di viaggiare per lavoro e il pensare mi accompagna nello spostarmi da un qui ad un lì. Pensare ed osservare offrono uno sguardo sul come siano cambiate le abitudini del viaggio, non solo per me ma anche per chi incontro durante il mio tragitto casa-lavoro. Osservo e rifletto su come è cambiato il nostro modo di muoverci. Il viaggio è stato per lungo tempo un luogo di saluti, chiacchiere, contraddistinto da gesti di contatto, sguardi. Un tempo, la strada verso la scuola o il lavoro erano occasioni di incontro, o di conoscenza di nuove persone, la possibilità di fare amicizia.
Ed ora, invece, come ci muoviamo nei nostri spostamenti quotidiani? Siamo chiusi, ognuno viaggia su un suo percorso, gli occhi fissi sul monitor dello smartphone, inconsapevoli di chi ci sta intorno, disattenti alla realtà umana che ci circonda, a meno che non abbia già un posto nella nostra vita.
Sempre immersi in qualcosa a testa bassa per mille motivazioni, anche buone ed importanti, che ci portano ad essere più concentrati su qualcosa di lontano e non presente, in un mondo sempre più virtuale e meno reale. Sguardi lontani, pensieri che fluttuano, concentrati su di sé e riflessivi, presi dal comunicare con qualcuno che è lontano, sempre più proiettati in un altrove.
Sempre più connessi telematicamente e meno collegati a chi ci sta intorno dal vivo.
Situazioni semplici, banali, che una volta erano all’ordine del giorno, come fare amicizia sul bus e scambiarsi due parole nel viaggio verso la scuola e poi diventare amici sul serio, accompagnarsi nella vita, ora sembrano chimere!
Invito a riflettere su queste circostanze che sono cambiate nel tempo perché siamo dentro questo cambiamento, e nostro malgrado ci trasformiamo e modifichiamo le nostre abitudini. Credo che la consapevolezza sia un buon punto di osservazione per trarne ognuno le sue riflessioni molto personali e anche differenti. Il cambiamento non è positivo o negativo di per se, ma acquisisce valore e connotazione in relazione a chi lo sperimenta e quale significato gli attribuisce nella personalissima esperienza di vita.
Un aspetto mi suona rilevante e trasversale: a prescindere dal come ci muovevamo nel mondo dieci, venti o cinquant’anni fa e dal come lo facciamo ora, ciò che non è mutato è il nostro bisogno innato e viscerale di comunicare, di tenerci in contatto, di cercare affinità di pensiero, di sapere cosa l’altro pensa, di avere amici, di sapere di essere pensati dagli altri, di occupare un posto nella vita degli altri, di essere ascoltati e trovare condivisione di quanto sentiamo.